ARATRO

Strumento per dissodare il terreno, consistente in più lame di legno o di metallo trainate da forza animale o meccanica. Evoluzione della zappa, la sua adozione consente di distinguere le popolazioni agricole più evolute da quelle "primitive". Le prime testimonianze dell'aratro risalgono all'età del neolitico nell'antico Egitto. Gli aratri dell'antichità si distinguono in due grandi raggruppamenti, classificati secondo la tipologia del bure, ossia del timone dell'aratro: quelli a bastone (in cui il bure è diritto e si collega a un primitivo bastone da scavo) e quelli a uncino in cui il bure è invece ricurvo. All'VIII-VII secolo a.C. risale la prima testimonianza di un aratro costituito di più pezzi che svolgono azioni differenziate integrandosi l'un l'altro: oltre al bure, che fa da telaio all'intero attrezzo, il coltro, che taglia verticalmente la terra, il vomere, che opera un taglio orizzontale, e il versoio, che capovolge e frantuma la zolla. Fino alla rivoluzione agricola inglese del XVIII secolo l'agricoltura fondò sull'aratro gli elementi stessi della propria crescita, frutto anche delle conquiste della metallurgia nel miglioramento dei materiali: grazie all'aratro infatti l'uomo affianca alla propria forza quella degli animali aggiogati all'attrezzo, e più tardi quella delle macchine. Mutarono così i rapporti tra uomo e animale, e nacquero nuovi mestieri legati all'allevamento e alla cura degli animali da lavoro: conciatori per i finimenti, maniscalchi per ferrare gli zoccoli e veterinari per la cura e il potenziamento della forza animale. Contemporaneamente alla diffusione dell'aratro mutarono anche i rapporti sociali connessi con il lavoro agricolo. L'aratro infatti, operando al meglio solo nelle grandi dimensioni di terra, favorì lo sviluppo dell'agricoltura estensiva e la diffusione del latifondo; inoltre, aumentando il rendimento medio della terra, rese possibile la disponibilità di eccedenze alimentari che, immesse sul mercato, diedero vita alle prime forme di commercio.
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